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Il gusto: come si sviluppa e come influenza le nostre scelte alimentari

Cosa influenza la nostra percezione del cibo? 
Le caratteristiche legate strettamente agli alimenti come sapori, profumi, temperature e consistenze, colori e aspetto, ma anche tutte le sensazioni che accompagnano ogni esperienza nutrizionale come per esempio suoni, abitudini, esperienza pregressa, emozioni e stato d’animo. 
Quindi in parole semplici: alcuni alimenti possono risultare gradevoli o meno per le sensazioni fisiche che ci regalano ma anche per il contesto emotivo in cui li conosciamo.

Partiamo dal presupposto che la ricerca di cibo rappresenta un' ancestrale spinta vitale per la sopravvivenza e, tra le sensazioni emotive che accompagnano la degustazione di un pasto, emerge spesso il piacere come soddisfazione di questo impulso. Creare un rito gradevole e rassicurante, dalla scelta degli ingredienti alla preparazione e alla cura dell'ambiente e della compagnia, può aiutare a vivere l'esperienza del pasto come un'esperienza sensoriale significativa e completa, riscoprendo il mangiare come una piacevole necessità che si ripete quotidianamente.

Ma, come abbiamo visto, spesso altre emozioni possono prendere il sopravvento lasciando poco spazio al piacere. 
Ecco che in alcuni casi, soprattutto per i bambini e i ragazzi, può essere utile ripartire dalle sensazioni corporee e riscoprire il piacere dell'esperienza sensoriale. Per i più piccoli in particolare spesso la valutazione del cibo si limita ad un'unica percezione: non piace il colore di un alimento (vista), non è gradito un sapore (gusto), risulta sgradevole una consistenza (tatto),.... Il lavoro di rieducazione in questo caso è volto proprio a fare riscoprire un alimento utilizzando tutti i sensi e, solo dopo una valutazione complessiva, stabilire se un alimento può essere ripristinato oppure viene ancora considerato con diffidenza.

In questo modo diamo la possibilità di riqualificare la percezione di un cibo e di rendere più ampia e valida la scelta alimentare. In alcuni percorsi in studio spesso emergono considerazioni di questo tipo: ''Non mi piace il colore ma ho scoperto che ha un gusto gradevole'', ''Non è un sapore che adoro ma mi ha incuriosito la sua consistenza croccante'', ''Crudo non mi piace proprio ma credo che d'ora in poi lo assaggerò cotto''...

Anche tra adulti possiamo riconoscere di avere alimenti preferiti e altri meno apprezzati. Penso sia interessante, per aiutare i più piccoli nella sperimentazione e la definizione dei propri gusti, essere consapevoli dei passaggi che caratterizzano lo sviluppo del gusto e delle scelte alimentari.

Partiamo dal concetto di sapore.
Il sapore di un alimento non è infatti una modalità sensoriale definita: le papille gustative mediano la cosiddetta "sensazione gustativa" o gusto di un alimento, integrando le modalità sensoriali del gusto, dell’olfatto e le caratteristiche ambientali in cui si vive l’esperienza.

Se pensiamo alle differenti abitudini culturali in ambito nutrizionale (per esempio cibi più saporiti e piccanti in India o nel Sud America), possiamo facilmente renderci conto come le papille gustative siano in grado di abituarsi a certi sapori che diventano familiari e come invece vengano stimolate sempre da sapori nuovi o inconsueti. Ponendo attenzione all’educazione alimentare rivolta ai bambini ma anche a ragazzi e adulti in ambito riabilitativo è estremamente interessante rendersi conto che le papille gustative possono essere ‘’educate e ri-educate’’ ai sapori.

Ma vediamo come si sviluppa appunto il gusto.

Gli organi di senso si sviluppano già a 8 settimane di gestazione e alcuni studi hanno mostrato che stimolando i recettori del gusto si registrano delle specifiche reazioni in termini di espressioni facciali in un feto di appena 27-28 settimane. Quindi si può affermare con certezza che già nel grembo materno il bambino è esposto a diversi gusti:  i composti che hanno sapore sono presenti in ciò che mangia la mamma e passano nel liquido amniotico alimentando il feto. Se il piccolo viene abituato a determinati sapori una volta nato tenderà a prediligere quei sapori, per cui l’educazione gustativa del nascituro comincia già nell’utero materno.
Anche il latte materno, come il liquido amniotico, ha la caratteristica di conservare e trasmettere al piccolo le caratteristiche organolettiche dei cibi ingeriti dalla mamma. Alcuni studi evidenziano come i bambini allattati al seno, essendo abituati ad un più ampio spettro di gusti (derivanti appunto dalla dieta della mamma), siano più propensi ad accettare un nuovo vegetale alla prima presentazione durante lo svezzamento rispetto ai bambini allattati artificialmente (anche se nutriti con bevande addizionate di varie sostanze).

I bambini tendenzialmente hanno una predilezione per il dolce, il grasso e il salato e una netta repulsione per l’amaro e l’astringente (per questo tendono a rifiutare le verdure).  Ma è bene sapere che tra i 6 e i 12-18 mesi si possono stimolare nella maniera più opportuna i recettori gustativi del piccolo e ampliando il suo orizzonte gustativo si potrà abituare il bambino alla varietà nel sapore e quindi alla varietà del contenuto nutritivo dei cibi. Proporre presto le verdure più varie aiuta per esempio a rendere familiare il gusto amaro, così come quello aspro utilizzando la frutta fresca e naturale. Tra i 18-24 mesi si presenta quella che viene definita ‘neofobia alimentare’, il piccolo tende a delineare i propri gusti e tendenzialmente rifiuta nuove proposte. In questa fase è bene non assecondare esclusivamente le certezze richieste dal bimbo ma continuare a proporre una buona varietà di alimenti giocando sulle consistenze, cotture e presentazioni che lo possano incuriosire.
Man mano che il piccolo cresce si arriva al periodo della scolarizzazione, che coincide con l’autonomia nell’alimentazione. In questa fase diventa importantissima l’educazione alimentare, sia a casa che a scuola: ricoprono un ruolo essenziale l’imitazione e quindi l’influenza di compagni e educatori. La sperimentazione a scuola diventa esperienza o consolidamento di abitudini alimentari che agiscono anche sulle pratiche alimentari proprie della famiglia.

Come avviene la maturazione del gusto? Intorno ai 20 anni le papille iniziano a consumarsi e la percezione dei sapori è meno forte: si iniziano ad apprezzare gusti più amari e decisi (es. birra, vino, caffè). Nel corso della vita, a seconda di ogni fase, nei momenti di salute o malattia, nei periodi più stressanti o in relazione ai livelli ormonali ci sono dei momenti in cui le papille gustative sono più sensibili o viceversa che non aiutano la percezione dei sapori. Tutte queste variabili influenzano le scelte alimentari (cibi più piccanti o più elaborati, o viceversa cibi più dolci o semplici,…). Nella terza età generalmente si iniziano ad attenuare gli stimoli sensoriali e diventa ancora più importante non farsi guidare solo dalla ‘gola’ ma ragionare sui cibi e i condimenti che fanno meglio all’organismo.

Ovviamente, per quanto detto prima, se nel corso della vita l’individuo ha mangiato vario sarà più facile che il pannello di scelte sarà più ampio e più sicuro per il benessere dell’organismo. Ma è bene tenere presente che, in qualsiasi momento della vita e a qualsiasi età, la consapevolezza e la voglia di  sperimentare sono due strumenti che possono sempre aiutare a migliorare le scelte a tavola.


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