Leggiamo le storie ai nostri bambiniIl racconto è nutrimento per la vita psichica come il cibo lo è per quella biologica.
Tanta letteratura ci permette di affermare questo, rintracciando il valore del racconto per lo sviluppo psicologico, fino all’uso terapeutico che la stessa scuola psicoanalitica intuisce.
Senza dover scandagliare le particolarità e le tecniche di questa potenzialità vogliamo riflettere sulla doppia anima che le avventure di Nino conservano; possiamo suggerire al genitore (lettore) l’importanza di offrire queste avventure, che di cibo ci parlano, e di farlo proprio come lo stesso cibo si offre.
Al bambino piccolo si permette infatti anche di giocare con il cibo, di esplorarne un po’le caratteristiche per scoprirlo e apprezzarlo maggiormente...e al bambino più grande come viene dato? Noi stessi come amiamo riceverlo? Possiamo rispondere che questa pratica è piena di gesti e significati che vanno ben oltre l’ingerire qualcosa: preparare, annusare, scoprire consistenze e temperature, trovarsi (visivamente) di fronte a “un’opera” (la “scenografia” del piatto col cibo) di cui “fruire”, consumare attraverso un modo, un tempo, in un determinato luogo che oltre ad essere un ambiente fisico è uno spazio sociale.
Ecco che tutto questo può essere analogamente riferito a una storia, a un racconto. Con il racconto infatti il bambino introduce nella mente una scenografia, riceve qualcosa con cui giocare, esplorare, sperimentare percorsi immaginari, sensazioni o provare delle emozioni vere e proprie, consumare un’esperienza, condividere uno spazio-tempo con il narratore e con i contenuti che quest’ultimo gli porge... proprio come gli porgerebbe un cibo.
Anche una storia quindi avrà il suo “sapore”: un sapore intriso nel predisporre quel tempo esclusivo e ludico in un angolo della casa, custodito nella musicalità della voce narrante, con i suoi toni espressivi, le cadenze, le pause e le esclamazioni che daranno forza al contenuto e sosterranno l’immedesimazione. Una tecnica che punta a sviluppare un contenitore momentaneo per il bambino, dove però può accadere qualcosa di importante.
Ciò significa che non è importante soltanto che cosa si dà al bambino, ma anche come lo si dà: un buon cibo ben proposto ha più probabilità di essere gradito, proprio come una storia ben raccontata. Ma quindi che cosa significa raccontare bene una storia? Come si può favorire l’uso delle storie di Nino per risolvere piccole e grandi disavventure a tavola? Il momento delle festività sembra una culla perfetta per l’intreccio di queste dimensioni: adatto al recupero di uno spazio più intimo, in un periodo in cui tutto intorno a noi sembra suggerire la ricerca di affidarci a qualcosa di magico...ci possiamo affidare a questo intervallo con la consapevolezza che “l’uso di una storia” sarà sempre un’attività funzionale al benessere del bambino (quindi anche al nostro), sia in presenza di un bisogno, una difficoltà da arginare, che come semplice piacere…
Offriremo quindi al nostro bambino questo cibo per la mente seguendo alcune piccole regole che permetteranno di far percepire quel “sapore” e di sviluppare quel contenitore adatto a promuovere un altro modo di cogliere la realtà che, da dimensione recepita in modo immediato, diviene realtà mediata dall’incontro con i contenuti. Sarà quindi opportuno prestare attenzione a:
- utilizzare uno spazio adatto per il racconto, intimo e privo di fonti di disturbo (favorendo nel bambino la concentrazione e la percezione di un tempo dedicato, senza altre preoccupazioni o incombenze);
- utilizzare modalità espressive che enfatizzino ciò che si racconta (usando anche il corpo, con gesti ed espressioni del volto per rafforzare l’immersione nella vicenda e trasmetterne le emozioni);
- mantenere la spontaneità nel procedere (l’espressività non deve risultare un atteggiamento recitato ma riflettere il piacere e il coinvolgimento che si prova in prima persona);
- accogliere le domande del bambino per arricchire il dialogo che emergerà attraverso le storie (limitando esplicitazioni e razionalizzazioni che sacrificherebbero l’aspetto “magico”).
La storia come strumento di mediazione rappresenta in qualche modo l’evolversi di un dialogo tra il genitore e il suo bambino; un dialogo nel quale i contenuti proposti sostituiscono aspetti più profondi resi inconsapevolmente accessibili al bambino, attraverso immagini familiari e percorribili, generando così un processo che può aiutarlo a fronteggiare anche quelle paure che non sa riconoscere e nominare. Al bambino è offerta una soluzione e un senso di sicurezza con estrema semplicità, grazie a un linguaggio perfetto che stuzzicherà timori e dilemmi da cui regalare liberazione...ed ecco che brioches, toast, arrosti torneranno piccoli e appetibili, proprio come accade nella prima storia di Nino, che ritrova la possibilità di superare ciò che sentiva insuperabile.
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