Ad esempio un bambino può essere stato male mangiando la pasta con il sugo di pomodoro e successivamente potrebbe non voler più mangiare la pizza, le lasagne e altri piatti di cui era goloso, per la paura di stare male proprio perché c’è il sugo di pomodoro. In questi casi la paura fa evitare un cibo, ma il reiterato evitamento potrebbe portare ad allargare la cerchia di cibi aumentando a sua volta la paura, un circolo vizioso da interrompere. Un campanello di allarme potrebbe essere quando il genitore tenta di ampliare la varietà di cibi e il bambino reagisce con ansia e/o disgusto, magari manifestando conati di vomito, pianti e reazioni di rabbia.
Questi esempi possono portare ad atteggiamenti neofobici in modo eccessivo e persistente, e in questo caso si parla di Alimentazione Selettiva. Con questo termine si intende il limitare l’alimentazione ad una gamma ristretta di cibi preferiti o sicuri (che non fanno stare male), rifiutandosi di mangiare altri cibi conosciuti o di assaggiarne di nuovi.
La richiesta d’aiuto viene fatta generalmente dai genitori, in particolare quando il fenomeno ha un impatto importante sul funzionamento sociale del bambino, in situazioni come cene o feste (es. compleanni) sia in famiglia che con la classe/amici.
I segnali possono essere anche un pò nascosti, come ad esempio: il bambino mangia con lentezza, deve essere spesso sollecitato perché finisca quello che ha nel piatto, dice di sentirsi pieno dopo aver mangiato solo pochi bocconi; mangia solo i suoi piatti preferiti; mostra poco o nullo interesse per il cibo, si distrae mentre mangia; mangia alimenti solo se vengono camuffati all’interno di pietanze o bevande che apprezza (McCormick e Markowitz).
Ci sono alcuni bambini che non presentano fobie o volontà nell’evitamento, ma è come se non se la sentissero di mangiare determinati cibi. Per queste situazioni è importante richiedere degli approfondimenti diagnostici per escludere che ci siano problematiche organiche come allergie, celiachia, intolleranze.
Adesso che abbiamo compreso meglio come si presenta il problema, proviamo a vedere cosa si possa fare per affrontare la situazione.
Quando avremo la sensazione che nostro figlio possa avere una difficoltà legata alla selettività del cibo, è molto importante sapere che alcuni comportamenti sono da evitare. In particolare è meglio non mettere in atto azioni già provate e riprovate, soprattutto se ci accorgiamo che non portano da nessuna parte. Tra questi si possono evidenziare:
comportamenti intimidatori (es. non mangi? Sei in punizione!) o ricattatori (potrai uscire solo se finirai di mangiare tutto);
ricatti emotivi (se non mangi mi rendi triste o se mangi mi rendi felice);
preparare pasti diversi dal resto della famiglia o far ricorso a cibi più appetibili per fare in modo che il bambino mangi almeno qualcosa;
usare strumenti di distrazione come la tv, il tablet o il cellulare.
Cosa proporre?
Alcuni comportamenti sono sicuramente preferibili perché possono diventare un esempio a cui il bambino può fare riferimento: dovrebbero essere i genitori per primi a mangiare cibo vario e sano; sarebbe importante offrire proposte diversificate nei colori, negli odori e nella consistenza (già nella fase dello svezzamento); può essere utile proporre di assaggiare un cibo che poi, se non piace, può essere lasciato; cucinare insieme per prendere più familiarità con gli alimenti, far diventare la preparazione uno strumento di relazione col bambino e farlo sentire grande e importante; oltre a farci aiutare nella preparazione, possiamo anche coinvolgere i figli durante la spesa e ancora prima nelle idee su cosa preparare e come preparare; immaginare piccole varianti ai piatti ben conosciuti e considerare il pasto come opportunità di condivisione e dialogo in famiglia su ciò che è stato fatto durante la giornata.
Ricordiamo che i nuovi cibi possono essere visti con occhio critico dai più sofisticati e abitudinari, non preoccupiamoci e proviamo a riproporli in altri momenti e in varie forme, a volte la pazienza e l’attesa sono utili alleati.
Un’altra cosa importante è rispettare l’eventuale mancanza di appetito, perché a volte è normale avere poca fame. In questi casi può essere utile mettere nel piatto piccole quantità di cibo, se dovesse avere ancora fame sarà il bambino a chiederne altro (meglio un piccolo bis che un piatto mangiato a metà). Se saltasse il pranzo, evitare di compensare con snack/cibi golosi, sarebbe un rinforzo per la prossima occasione. Creiamo una routine, meglio se il pranzo o la cena siano in orari consueti in modo da creare una sana abitudine di attesa.
Meditate bene su questo punto: le ore più belle della nostra vita sono tutte collegate, con un legame più o meno tangibile, a un qualche ricordo della tavola. (Charles Pierre Monselet)
Bibliografia
Nardone G., Giannotti E., Rocchi R. (2001), Modelli di Famiglia, ed. Ponte alle Grazie.
Nardone G. et al. (2012), Aiutare i genitori ad aiutare i figli, ed. Ponte alle Grazie.
American Psychiatric Association, (2013) Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali (V edizione), Raffaello Cortina Editore, Milano.
Scaglioni S. et al. (2011), Determinants of children’s eating behaviour, The American Journal of Clinical Nutrition, 94.
Valerie McCormick , Goldie Markowitz, (2013) - Picky eater or feeding disorder? Strategies for determining the difference, Advance for NPs & PAs Mar; 4(3):18-22; quiz 23.
Harris G., Naish K.R. (2012), Food intake is influenced by sensory sensitivity, PLoS ONE, 7 (8).
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