Non
sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna
cambiare.
(Winston
Churchill)
Incontrai i genitori, preoccupati della situazione. Non solo per quello che accadeva a tavola, ma perché secondo loro Angelica aveva qualche fissazione: ad esempio le piaceva essere molto/troppo ordinata (era soprannominata la precisina), fare le stesse cose ogni giorno e guai se la routine cambiava! Come spesso accada in questi casi, i genitori, stanchi e frustrati perché non vedevano miglioramenti, cedevano ai suoi comportamenti per non sentirla lamentarsi.
Iniziammo a lavorare sul cibo, dato che per loro rappresentava la parte più delicata. In particolare fu consigliato di non parlare più del problema (togliendo così la troppa attenzione finora data) e per qualche giorno fu suggerito di cucinare solo quello che era solita mangiare. Poi la mamma avrebbe dovuto prenderla da parte e dirle: “Sai Angelica, non ne comprendo bene il motivo, ma ho capito che per te è importante mangiare solo i cibi che conosci. Pertanto, d’ora in poi, ti cucinerò solo alcuni piatti noti e tu potrai mangiare solo quelli”. Questa indicazione paradossale è nota come Prescrizione del sintomo (Watzlawick et al, 1978): in questo caso viene suggerito ad Angelica di mettere in atto quello che lei faceva spontaneamente, ovvero mangiare solo e soltanto quello di cui era abituata. Se avesse accettato questa soluzione, lo avrebbe fatto perché “deciso” dalla mamma, togliendole così la volontarietà del comportamento. Se invece avesse scelto di disubbidire, si sarebbe ritrovata a mangiare nuovi cibi, modificando così il suo abituale atteggiamento.
Allo stesso tempo fu suggerito alla mamma di preparare per il resto della famiglia buoni e sfiziosi manicaretti, ma solo per loro.
Dopo pochi giorni Angelica iniziò a guardare con occhi diversi i piatti che la mamma sfornava per sé, il papà e per suo fratello, senza comunque proferire parola. Dopo un paio di settimane, la bimba chiese alla mamma se avesse potuto assaggiare un piatto che sembrava delizioso, ma la mamma sentenziò: “tesoro, non credo tu sia ancora pronta ai cibi nuovi, ma possiamo provare a vedere in che modi diversi utilizzare quelli che sicuramente ti piacciono”. E così Angelica e la mamma iniziarono a trasformare i cibi “sicuri” in cibi “nuovi”: le carote, ad esempio, potevano essere cotte, crude, tagliate a rondelle, a strisce, messe nel sugo della pasta, nelle tortine… Poco alla volta i singoli alimenti iniziarono a trasformarsi in nuovi piatti, che Angelica accettò ed integrò nel suo menù. Come ci ricorda il fisico Antoine-Laurent de Lavoisier, “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.
Solo dopo molti giorni e nuove ricette, finalmente la mamma le concesse la possibilità di scegliere un nuovo alimento, con cui sperimentare altri nuovi piatti per lei e tutta la famiglia.
Ci volle un po' di tempo prima che Angelica iniziasse a mangiare la maggior parte di quello che trovava a tavola, ma da quel momento in poi la sua percezione cambiò: provava ad assaggiare i nuovi piatti che ogni tanto venivano preparati, valutando il gusto senza pregiudizio.
È importante ricordare che per molti bambini il cambiamento è una esperienza da vivere lentamente. Noi tutti, chi un po' più, chi un po' di meno, siamo naturalmente resistenti al cambiamento. Ma, una volta che il cambiamento arriva, la nuova realtà viene percepita come possibile e soprattutto la viviamo senza particolari preoccupazioni. Quello che prima sembrava difficile ora è più semplice.
Come disse A. Einstein, “La mente che si apre ad una nuova idea non torna mai alla dimensione precedente.”
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